Il datore di lavoro, in quanto obbligato in base all’art. 2087 c.c. a garantire salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è obbligato a far rispettare per i non-vaccinati della sanità le norme di legge contro la pandemia da SARS-CoV-2, disponendo tutte le misure necessarie e quelle di legge fino alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, se non sono possibili misure alternative. Per i lavoratori espressamente indicati dal D.L. n. 44/2021 (sanitari che svolgano attività in strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, in farmacie e parafarmacie), che non siano vaccinati contro la SARS-CoV-2, è prevista la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, alla condizione di legge che non esistano in azienda posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili, atte a preservare la condizione occupazionale/retributiva e compatibili con la tutela della salubrità dell’ambiente di lavoro, in quanto non prevedenti contatti interpersonali con soggetti fragili o non-comportanti, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. Spetta al datore di lavoro l’onere di provare che non esistono misure alternative alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione (c.d. repêchage), a pena altrimenti di corrispondere la normale retribuzione ai lavoratori illegittimamente sospesi ma sempre con divieto di lavoro e presenza dei non-vaccinati (Tribunale di Milano, Sez. lav., sentenza 16 settembre 2021, n. 2135).