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Pronunciandosi su un caso “ucraino” in cui si discuteva della legittimità della decisione con cui i giudici della Corte Suprema dell’Ucraina erano stati rimossi dall’esercizio delle loro funzioni, senza essere mai stati formalmente licenziati, a causa di una riforma giudiziaria e di alcune modifiche legislative intervenute nel 2016, la Corte di Strasburgo ha ritenuto all’unanimità, che vi era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 (diritto di accesso alla giustizia) e una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il caso, come anticipato, riguardava i giudici dell’ex Corte Suprema dell’Ucraina ai quali era stato impedito di esercitare le loro funzioni, senza essere mai stati formalmente licenziati, a causa della riforma giudiziaria e di alcune modifiche legislative intervenute nel 2016. La Corte Suprema dell’Ucraina è stata soppressa e ne è stata istituita una nuova nel dicembre 2017, nella quale i posti di giudice sono stati ricoperti a titolo di concorso. Nonostante la Corte costituzionale dell’Ucraina avesse ritenuto che i ricorrenti avrebbero potuto continuare a lavorare come giudici della nuova Corte Suprema, non era stato loro permesso di farlo. Gli stessi si erano lamentati di essere stati rimossi dalle loro funzioni in violazione delle garanzie dell’ordine giudiziario e in contrasto con la Convenzione Europea. La Corte EDU ha ritenuto che il diritto di accesso alla giustizia costituisca un diritto procedurale fondamentale per la protezione dei membri dell’Ordine giudiziario e i ricorrenti avrebbero dovuto, in linea di principio, potersi difendere in tribunale con le loro argomentazioni. Inoltre, la Corte EDU ha ritenuto che l’impossibilità di esercitare quali giudici della Corte Suprema dal dicembre 2017, nonostante una sentenza della Corte costituzionale fosse loro favorevole, avesse influito in modo significativo sulla loro vita privata e avesse costituito un’ingerenza nel loro diritto al rispetto della vita privata. Quell’interferenza non poteva considerarsi legittima ai sensi della Convenzione europea in quanto andava contro il principio di inamovibilità dei giudici che era fondamentale per l’indipendenza della magistratura e per la fiducia del pubblico nella magistratura (Corte EDU, Sez. V, sentenza 22 luglio 2021, n. 11423/19).