Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, nel sovvertire l’esito assolutorio del giudizio di primo grado, aveva invece condannato un datore di lavoro per un infortunio mortale occorso ad un dipendente deceduto dopo essere entrato nella zona di azione di un macchinario attraverso un varco abusivamente realizzato, la Corte di Cassazione (sentenza 21 dicembre 2020, n. 36778) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui i giudici di appello, nel ribaltare l’esito assolutorio del primo giudizio, avevano erroneamente condannato l’imputato addebitandogli una condotta omissiva, riferita a un profilo di “culpa in vigilando”, diversa da quella commissiva, oggetto di contestazione, costituente un fatto nuovo – ha infatti ribadito che, in tema di infortuni sul lavoro, in presenza di una prassi dei lavoratori elusiva delle prescrizioni volte alla tutela della sicurezza, non é ravvisabile la colpa del datore di lavoro, sotto il profilo dell’esigibilità del comportamento dovuto omesso, ove non vi sia prova della sua conoscenza, o della sua colpevole ignoranza, di tale prassi.