
Ha diritto al rimborso integrale delle spese l’assicurato che, in uno Stato membro (nella specie, l’Austria) diverso da quello di residenza (nella specie, la Romania), ha ricevuto cure che rientrano tra le prestazioni previste dalla normativa dello Stato membro di residenza. Lo ha affermato la Corte di Giustizia dell’Ue con sentenza 6 ottobre 2021, causa C‑538/19 in cui l’assicurato non aveva potuto ottenere l’autorizzazione dell’istituzione competente, poiché, sebbene la diagnosi e la necessità di effettuare cure con urgenza fossero state confermate da un medico del sistema di assicurazione sanitaria della Romania (Stato membro di residenza), il medico rumeno gli aveva prescritto cure diverse da quelle prescelte sulla base di un secondo parere medico fornito da un medico austriaco (di un altro Stato membro), cure queste ultime che, a differenza delle prime, non avrebbero causato alcuna disabilità. Altresì, il regolamento n. 883/2004, letto in combinato disposto con l’art. 56 TFUE (libera circolazione dei servizi), non ammette una normativa nazionale che subordina la concessione di un’autorizzazione ai fini di cure in uno Stato membro diverso da quello di residenza del richiedente alla presentazione di un referto medico da cui risultino la diagnosi e il trattamento da effettuare, redatto da un medico appartenente al sistema pubblico di assicurazione sanitaria nazionale, e che non garantisce che l’istituzione competente prenda in considerazione un secondo parere medico redatto in tale altro Stato membro e che prescrive un trattamento alternativo.