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Con la sentenza n. 27 del 28 gennaio 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 10, 23, 36, 53 e 97 Cost., in relazione ‒ per l’art. 10 ‒ all’art. 23, comma 2, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, delle questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 23-ter, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, all’art. 1, commi 471, 473 e 474, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014), e all’art. 13 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89, nella parte in cui prevedono un limite massimo delle retribuzioni e degli emolumenti per i lavoratori pubblici, poiché – in un contesto di risorse economiche limitate – la soglia retributiva fissata, commisurata alla retribuzione, e, quindi, alle funzioni di una carica di rilievo e prestigio indiscussi, qual è il primo presidente della Corte di cassazione, è da considerare adeguata.