Se la ratio dell’attribuzione del trattamento di reversibilità al coniuge divorziato è da rinvenirsi nella continuazione del sostegno economico prestato in vita all’ex coniuge, non può considerarsi all’uopo decisivo un trattamento determinato in misura minima o anche meramente simbolica: è necessario, piuttosto, che il trattamento attribuito al coniuge divorziato possieda i requisiti tipici previsti dall’art. 5, I. n. 898/1970, ovvero, e più precisamente, che esso sia idoneo ad assolvere alle finalità di tipo assistenziale e perequativo-compensativa che gli sono proprie, di talché, pur non mettendo necessariamente capo ad un contributo volto al conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, consenta, tuttavia, all’ex coniuge il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, riconoscendogli, in specie, il ruolo prestato nella formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. civ. sez. Lav., 28/9/2020, n. 20477).